Amicizia morbosa con un ragazzo: sono gay?

Molti uomini iniziano ad interrogarsi sulle proprie inclinazioni sessuali dopo aver sviluppato un legame particolarmente profondo con un altro esponente dello stesso sesso. Ma che connessione c'è tra amicizia virile ed omosessualità? Ecco la risposta a questo dubbio amletico

Amicizia morbosa con un ragazzo: sono gay?

La domanda: “Io sono gay?” potrà sembrare quasi risibile per chi non ha mai avuto dubbi in merito, eppure moltissimi tra uomini e ragazzi di tutte le età si sono trovati a doversi confrontare con questo quesito almeno una volta nella vita.

E le recenti manifestazioni di “normalizzazione” (o meglio, “ri-normalizzazione”) dell’omosessualità nella società odierna, stanno finalmente sdoganando quei tabù che fino a pochi decenni fa rendevano quasi impossibile parlare apertamente di dubbi di questo genere. Certo, la questione rimane decisamente spinosa: dove finisce l’amicizia virile, e dove inizia quella che viene definita attrazione a sfumature omosessuali?

Per analizzare a fondo la questione, non basterebbero una decina di saggi con relativi approfondimenti. Perché le radici delle connessioni tra i concetti di amicizia virile ed omosessualità affondano nell’animo dell’essere umano, e ancor più nella sua componente genetica, sin dalla comparsa della nostra specie su questo pianeta.

Probabilmente il periodo storico più significativo da prendere in considerazione per analizzare il fenomeno è quello che va dall’Età Classica agli inizi dell’Ellenismo; proprio agli sgoccioli di questo arco temporale si è affermato un esempio di formidabile importanza relativo al “legame totale” tra due uomini, inteso come fusione fra amicizia fraterna ed amore carnale: stiamo parlando del rapporto tra Alessandro Magno ed Efestione.

Amicizia morbosa con un ragazzo: sono gay?

Forte amicizia con un altro uomo: sono gay?

Se oggi essere gay viene ancora vista come una caratteristica “anormale” da molte persone, in realtà prima dell’avvento del Cristianesimo virilità ed omosessualità andavano “a braccetto”, per dirla in maniera alquanto sbrigativa ma efficace. Basti pensare al legame tra Patroclo ed Achille descritto da Omero nella sua “Iliade“, o per l’appunto al sopraccitato amore tra Alessandro III di Macedonia ed il suo chiliarca Efestione, perfettamente riassunto dal noto aneddoto che vide coinvolta la regina Sisigambi, madre di Dario III: quando quest’ultima s’inchinò dinanzi ad Efestione scambiandolo per il re dei Macedoni, il vero sovrano si affrettò a rassicurarla: “Non siete in errore, anche lui è Alessandro“. Epitaffio di un’unione ch’è stata capace di sopravvivere alla prova del tempo e giungere fino a noi, millenni più tardi, conservando ancora intatta l’eco della sua straordinaria magnificenza.

Ma contrariamente a quanto molti sarebbero portati a pensare, l’amicizia morbosa tra uomini non è stata un appannaggio quasi esclusivo di greci e (più tardi) romani: l’inscindibile legame tra i leggendari Gilgamesh e Enkidu venne descritto già quasi 4.000 anni fa, e persino nella Bibbia emerge un precedente analogo con la storia di David e Gionata. Si tratta di perfetti esempi di quel sentimento che il geniale libertino Wilde avrebbe poi descritto come “...amore che non osa pronunciare il suo nome“.

Amicizia morbosa con un ragazzo: sono gay?

L’esigenza di coltivare un legame del genere con un altro uomo, basta dunque a legittimare l’atavico quesito: “Io sono gay”? La questione è controversa e dibattuta, ma in ambito accademico non sono emerse evidenze che mettano necessariamente in correlazione questi due fenomeni. Anzi, il terrore -spesso ingiustificato- di essere omosessuali può scatenare quel disturbo ossessivo-compulsivo noto come DOC omosessuale. Si tratta di un problema che coinvolge in prevalenza uomini eterosessuali con un’educazione molto rigida alle spalle (solitamente dal punto di vista religioso), e che vedono l’essere gay come un qualcosa di intollerabile e contro natura.

E’ bene perciò fare le dovute distinzioni tra omosessualità repressa e DOC omosessuale, poiché le due definizioni ritraggono due scenari differenti: la prima è indicativa dell’omosessuale che non riesce ad accettare sé stesso, mentre la seconda dell’uomo che (irragionevolmente) ha sviluppato il terrore di essere-o di poter diventare-gay.

Pertanto se avete intrapreso un’amicizia fraterna con un altro uomo, e vi trovate costantemente a chiedervi “Sono gay?“, sappiate che le due cose possono accompagnarsi, come no: le semplici manifestazioni emotive trascendono le preferenze sessuali, e possono invece benissimo assestarsi all’interno dell’affetto “puro ed asessuato“, senza doverne per forza travalicare i confini.

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