I concorsi di bellezza sono il retaggio di un passato – nemmeno troppo antico – che sta di poco a poco estinguendosi in favore di altre soluzioni di intrattenimento, quantomeno in Italia. Un tempo infatti l’esaltazione della bellezza era un tema di primaria importanza, vedasi ad esempio come la celeberrima guerra di Troia, secondo l’epica greca, sia stata propiziata proprio da un litigio fra tre divinità che stavano contendendosi il titolo de “la più bella dell’Olimpo”; il giudice, l’aitante mortale Paride, premiò infine Afrodite. Ricordate quale fosse la ricompensa che la dèa volle concedere al giovane principe troiano?
Nientemeno che l’amore della donna più bella del mondo! Non la più intelligente, né tantomeno la più scaltra o la più coraggiosa: semplicemente la più bella. Fu così che Paride s’affrettò a scappare a Troia insieme ad Elena, moglie dell’acheo Menelao, e da qui nacque quello che le cronache epiche greche ricordano come il più vasto e cruento conflitto tra nazioni (e divinità) dell’epoca. Oggi certe opere, per quel che concerne il culto attuale del politicamente corretto, sarebbero soggette quantomeno a forti critiche.
Anche un classico indiscutibile come l’Iliade potrebbe venire facilmente tacciato di sessismo e venire interdetto dalle aule scolastiche e dai programmi culturali per i fanciulli. Intendiamoci: spettacoli come Miss Italia e compagnia avevano oramai ben poco da dire ed appaiono oggi non meno anacronistici rispetto alle opere di Omero stesso. Eppure la maniera schizofrenica nella quale viene proposta la bellezza oggigiorno (tanto ossessivamente perfezionista per quel che riguarda marketing e pubblicità, quanto ossessivamente anticonvenzionale per quel che concerne invece i movimenti di protesta) non aiuta certo a far chiarezza.