Arterite di Horton: sintomi, diagnosi e la terapia da seguire

L'arterite di Horton è un disturbo che può portare anche a gravi complicazioni, se non curato per tempo. Ecco tutto ciò che c'è da sapere a riguardo e come riconoscere questo problema

Arterite di Horton: sintomi, diagnosi e la terapia da seguire

L’arterite di Horton, anche detta arterite a cellule giganti, è una infiammazione che va a colpire le arterie di media e grossa dimensione. In linea teorica, tale infiammazione può interessare tutti i vasi arteriosi, ma di solito colpisce le arterie che attraversano la testa, soprattutto tempie e collo, motivo per il quale è anche conosciuta col nome di arterite temporale. Prima di proseguire nell’articolo, diciamo subito che, se sottovalutata o peggio non curata, può avere conseguenze anche gravi su chi ne è affetto.

Di fatto, quindi, per la sua stessa natura, si tratta di una vasculite, che interessa soltanto i vasi arteriosi, che colpisce principalmente in una età avanzata e nel sesso femminile, ma non è così raro che colpisca anche gli uomini. Secondo le statistiche, sembra esserci un’incidenza maggiore nei Paesi del Nord Europa (anche se non se ne capisce il motivo), mentre annualmente in Italia sono circa 4.500 i casi di arterite di Horton.

Arterite di Horton: cause e sintomi

Non vi è una causa certa direttamente collegata a questa patologia ma, secondo l’ipotesi attualmente più accreditata, l’infiammazione arteriosa sarebbe dovuta ad una combinazione di fattori genetici e circostanziali, queste ultime nel senso di possibili infezioni virali e batteriche. L’infiammazione delle arterie, di fatto, impediscono il normale flusso sanguigno, e sembra essere questa la principale sintomatologia dell’arterite di Horton.

arterite di horton

Nonostante colpisca principalmente gli over 65, si è notato che questa patologia ha un’incidenza maggiore nelle popolazioni del Nord Europa. I motivi? Sconosciuti

Per quel che concerne i fattori di rischio, si è notata una maggiore incidenza nei soggetti affetti da polimialgia reumatica, una patologia caratterizzata da una infiammazione muscolare diffusa su tutto il corpo, che porta rigidità muscolare e dolore nelle zone interessate. Come già accennato, altri fattori sono l’età dell’individuo (molto più frequente a partire dai 65-70 anni), nelle donne (quasi il doppio dei casi) e nella Scandinavia, per motivi ancora sconosciuti.

La sintomatologia dell’arterite di Horton è molto varia. All’inizio somiglia ad una influenza, con la differenza che è particolarmente accentuata la cefalea, in corrispondenza delle tempie. Col passare del tempo, questi sintomi peggiorano (soprattutto la cefalea) e, nell’area temporale, sopraggiunge anche una sensazione di indolenzimento, offuscamento della vista (con la possibilità di ‘vedere doppio’) e un forte dolore alla mandibola. Oltre a questi, può anche verificarsi una perdita di peso non diversamente spiegabile.

Comunque, il principale sintomo resta la cefalea, nella zona delle tempie, che di solito sorge su entrambi i lati, anche se non è da escludere la sua unilateralità o il fatto che possa colpire la fronte. Tra i sintomi simil-influenzari presenti, frequentissimi sono anche il senso di rigidità a livello di collo e spalle che però, come detto, sono anche sintomi di polimialgia reumatica.

Pertanto, bisogna rivolgersi ad un medico se la cefalea è persistente ed è accompagnata dai sintomi che vi abbiamo spiegato, onde evitare di arrivare a spiacevoli complicazioni. La più frequente è quella di avere problemi alla vista, causato dal restringimento dei vasi arteriosi che conducono il sangue ossigenato al tessuto oculare, e che può portare anche alla cecità totale se non curata per tempo. Altre possibili complicazioni, molto più rare, possono essere l’aneurisma aortico e l’ictus; insomma, c’è poco da scherzare!

Con l'arterite temporale c'è poco da scherzare: tra le complicazioni, oltre alla cecità totale, rientrano anche aneurismi e ictus

Con l’arterite temporale c’è poco da scherzare: tra le complicazioni, oltre alla cecità totale, rientrano anche aneurismi e ictus

La diagnosi dell’arterite temporale

Per diagnosticarla c’è bisogno di esami specifici, oltre ad una particolare sensibilità e bravura del medico, che non deve scambiare il quadro sintomatologico sopra descritto con quello dell’influenza, che, come visto, è molto simile (soprattutto in una fase iniziale).

Innanzitutto, il medico effettuerà il cosiddetto esame obiettivo, per conoscere la storia clinica del paziente. Innanzitutto, considererà se esso è affetto o meno da polimialgia reumatica, e poi si arriva al controllo delle arterie temporali, per valutarne l’eventuale infiammazione.

Uno degli esami più importanti per diagnosticare l’arterite di Horton è il VES, un esame del sangue che valuta la velocità con cui i globuli rossi sedimentano sul fondo della provetta che contiene il campione prelevato: quanto più è veloce, più è probabile una infiammazione. Anche la presenza della proteina C-reattiva nel sangue è un indicatore particolarmente importante.

Il più importante tra gli esami, però, è sicuramente la biopsia, con il prelievo di un piccolo pezzo di arteria temporale per essere osservato al microscopio, per capire se le cellule del vaso arterioso appaiono più grandi del normale: la controindicazione, per così dire, è la possibilità concreta di prelevare un ‘pezzo non infiammato’. Di solito, in questo caso si procede al prelievo di un secondo campione vasale. Altri esami strumentali effettuati dal medico sono la risonanza magnetica nucleare, l’ecografia doppler e la tomografia a emissione di positroni.

Oltre ad una dieta specifica, la terapia consisterà anche nell'assunzione di integratori a base di vitamina D, utile a prevenire l'osteoporosi

Oltre ad una dieta specifica, la terapia consisterà anche nell’assunzione di integratori a base di vitamina D, utile a prevenire l’osteoporosi

Arterite di Horton: le cure

E le cure? Di solito, si arriva alla prescrizione di farmaci corticosteroidi, deputati alla cessazione dell’infiammazione. I primi effetti si notano subito, ma la terapia di solito continua per uno o due anni, periodo nel quale la patologia viene tenuta sotto controllo tramite il VES e il test della proteina-C reattiva; se i risultati sono positivi, la cura può ritenersi conclusa.

Le dosi di corticosteroidi vengono ridotte progressivamente, con dosi comunque tendenzialmente basse, visti i numerosi effetti collaterali possibili. Diventa fondamentale, in questa fase, anche la dieta alimentare, che non deve prevedere l’innalzamento di pressione sanguigna e glicemia: poco sale da cucina, pochi cibi grassi, zuccheri, alcol; molta frutta, verdura, carne e pesce magri. Importante, poi, anche assumere integratori a base di calcio e di vitamina D, per contrastare l’insorgere dell’osteoporosi.

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