Oggi che tutti facciamo parte di un mondo sempre più direzionato all’utilizzo di Internet e dei social, i comportamenti minatori, offensivi e umilianti perpetrati nel tempo contro una vittima, si sono spostati sulle piattaforme digitali oltre che in quelle non virtuali.
Le azioni dei cyberbulli hanno il fine dell’aggressore e della violenza psicologica su una vittima sia conosciuta ma anche estranea, dai commenti, alle immagini, fino ai video, che purtroppo trovano una rapida e larga diffusione tramite i social o sui siti web dove questi attacchi molte volte determinano delle conseguenze che possono talvolta indurre la vittima a gesti estremi.
Il bullismo perpetrato all’interno di una piattaforma virtuale si può manifestare in diverse forme e azioni. In primo luogo, troviamo il cosiddetto “flaming”, si tratta di un comportamento dove vengono scritte ingiurie, offese e derisioni dirette alla vittima per un periodo di tempo limitato che è quello della condivisione online. Invece con la parola “harassment” si intendono messaggi offensivi scritti e inviati ripetutamente nel tempo anche tramite più piattaforme virtuali.
Se invece l’obiettivo primario del bullo è quello di rovinare la reputazione di una persona (ad esempio rendere virali dei pettegolezzi) si parla di denigrazione. Ma quando le molestie si fanno più insistenti e minacciose e la vittima comincia a temere per la propria integrità, il comportamento offensivo prende il nome di cyber-persecuzione.
Se invece una persona viola l’account di qualcuno per rubargli l’identità e dare una cattiva immagine tramite dei messaggi si parla di “impersonation”.
Il reato commesso online più comune è la condivisione in rete senza l’approvazione di informazioni o materiali sensibili sulla vittima. Questo tipo di azione viene spesso messa in atto da giovani adolescenti ed è spesso fatto di cronaca. Fortunatamente nel 2017 ci si è resi conto della gravità della situazione che colpiva in particolar modo i giovani, così grazie al parlamento è stato riconosciuto come reato, legge n. 71/2017
Ma ora passiamo ai consigli per prevenire e risolvere questo problema:
- Riconoscere i segnali e i campanelli d’allarme (le persone iniziano con dei “piccoli” insulti, già questo ci deve far scattare l’allarme)
- Dirlo a qualcuno (ai genitori, agli insegnanti in modo tale che possano starvi vicini ed aiutarvi)
- Salvare le conversazioni in modo da poterle utilizzare come prova in tribunale
- Contattare le autorità (Polizia Postale che è presente nel vostro territorio, basta cercare su google i contatti della sede più vicina oppure contattate il numero unico emergenze)