La depressione post-partum è uno dei maggiori effetti collaterali di una gravidanza: di norma questa sindrome colpisce prevalentemente le donne, manifestandosi talvolta anche in maniera aggressiva nei mesi succedenti il parto. Le cause di questa condizione sono psicofisiche, e vanno ricercate sia nello stress derivante dalla gravidanza e dalla nascita di un figlio, sia nelle tempeste ormonali che sconvolgono il corpo di una madre durante il periodo della gestazione fino a quello successivo al parto.
Eppure la depressione post-partum non è ad appannaggio esclusivo delle donne, ma una forma analoga di questa sindrome può colpire anche i neopapà (una ricerca condotta dalla Oxford University ha evidenziato che in media ne soffre il 4% degli uomini, contro il 10% delle donne).
Paradossalmente, ciò sembra avvenire quando la madre non manifesta alcun disturbo di natura psichica in seguito alla nascita di un figlio, ma anzi accoglie con gioia e serenità l’avvento del nascituro. In sostanza, quando la donna non presenta nessun sintomo della classica depressione post-parto, allora vi sono forti possibilità che questo genere di disturbo possa colpire l’uomo.
Ma a cos’è dovuta questa condizione nei padri, e per quale ragione sembra essere legata in maniera inversamente proporzionale all’analogo disturbo tipicamente femminile? Le risposte a questi interrogativi sono molto meno strane di quanto si potrebbe essere portati a pensare.
Depressione post-partum nel padre: sintomi e durata
Tra i sintomi più comuni che caratterizzano il comportamento di un padre affetto da depressione post-partum figurano: forti oscillazioni umorali, con passaggio repentino da stati d’ansia e malinconia a forti stati di euforia, sensazione di inadeguatezza nei confronti del nuovo ruolo di padre, attacchi di collera ed ipersensibilità apparentemente immotivati nei confronti di sé stessi e del figlio, calo del desiderio sessuale, perdita del sonno e dell’appetito e, nei casi più gravi, comparsa di pensieri relativi al suicidio.
Come si potrà facilmente intendere dal quadro sintomatologico, questa sindrome non dev’essere affatto presa alla leggera, ma anzi è necessario intervenire sin dall’insorgenza dei primi segnali per garantire sia il benessere dell’uomo, sia quello del bambino.
Ma a cos’è dovuta questa condizione? Molti esperti puntano il dito innanzitutto sul passaggio traumatico dalla realtà di coppia a quella della famiglia. La nascita di un figlio infatti, se per certi versi può generare grande felicità, d’altra parte è anche una vera e propria rivoluzione annunciata; una sorta di campanella che sancisce il passaggio irreversibile ad uno stato in cui la coppia perderà la propria esclusività dualistica, per diventare prioritariamente funzionale al benessere di una terza componente (il bambino). E la prospettiva della perdita dell’intimità con la propria compagna, nonché il calo quantitativo di cure ed attenzioni (che verranno invece riversate sul figlio), possono spingere un uomo a vedere inconsciamente il figlio come una minaccia, e sviluppare una vera e propria depressione post-parto.
Non si tratta banalmente di semplice egocentrismo, ma della profonda consapevolezza del fatto che nulla sarà mai come prima, e che si sarà passati in secondo piano nella mente della propria donna rispetto al figlio; il quale diventerà invece il suo primo pensiero. Uno dei motivi più frequenti è la perdita dell’Eros: se per la donna è naturale dedicarsi anima e corpo al figlio, allattandolo ed accudendolo in ogni momento della giornata (trascurando così i propri bisogni, e di riflesso quindi anche quelli del partner), è altrettanto vero che l’uomo sviluppa un legame differente nei confronti del piccolo, per ovvie e naturali ragioni di ruolo.
Sostanzialmente, il forte sentimento della perdita del rapporto, della passione e della complicità, può venire elaborato dal neo padre come un vero e proprio lutto; con tutte le rovinose conseguenze del caso dal punto di vista psicologico. Questa situazione può venire ulteriormente aggravata da una razionalizzazione delle priorità da parte dell’uomo: il padre in depressione post-partum può infatti comprendere che il suo disagio sia marginale rispetto alle esigenze della nuova famiglia, e scegliere così di mascherarlo quanto possibile, facendo buon viso a cattivo gioco. Così come la donna dal canto suo, presa dalla nuova avventura della maternità, può tardare ad accorgersi del problema. Fattori che possono alimentare un vero e proprio circolo vizioso, che farà precipitare il papà affetto da questa sindrome in un vortice di depressione clinica.
Padre in depressione post-partum: ecco i rimedi
Come fare dunque per scongiurare la depressione post-partum maschile? Spesso tutto nasce dalla perdita di quei pochi gesti quotidiani che avevano sempre determinato il sano equilibrio del rapporto di coppia. Quindi, ricordarsi di prendersi cura di sé oltre che del bambino è il miglior viatico per assicurarsi l’immunità da questa sindrome (o la rapida uscita dai suoi nefasti meandri, nel caso in cui fosse riuscita ad attecchire). Non dimenticate di essere un uomo ed una donna, oltre che una coppia di genitori: ci si può prendere cura di un figlio anche senza rinunciare a sé stessi.
Nel caso invece in cui continuassero a non mancare attenzioni da parte della compagna, ma sia invece preponderante il senso di inadeguatezza nei confronti del proprio ruolo di padre, è opportuno parlarne sia con lei, sia con uno psicologo. Nascondere il disagio sperando che passi da sé, può far sì che la situazione finisca col peggiorare drammaticamente. E’ invece importante affrontare le proprie paure, ed apprestarsi a svolgere il nuovo ruolo genitoriale nella maniera migliore possibile, senza che la naturale ansia dovuta all’approccio alla paternità possa cronicizzare in un disturbo patologico.
Nel caso sia la compagna invece a mortificare il proprio uomo, ritenendolo inadeguato al ruolo e non perdendo occasione di rinfacciarglielo, è opportuno affrontare una terapia di coppia: non dimenticate che le gravidanze non uniscono le coppie problematiche, ma statisticamente contribuiscono invece ad inasprire i dissapori. Quindi decidere di avere un figlio per “riparare” ad una situazione di disagio antecedente è uno dei peggiori errori che si possano commettere, e può compromettere sia la vostra salute psicofisica, sia quella del bambino.