La proteina C reattiva (più comunemente chiamata PCR) è un protide presente nel sangue, la cui concentrazione può superare i livelli standard a seguito di una infiammazione; è qui che si parla di PCR alta. Tale proteina viene prodotta dal fegato, e la sua funzione è quella di legarsi a cellule morte (o che stanno per morire), riuscendo così a segnalare al sistema immunitario dove esso deve intervenire.
Non è sbagliato, per dirla in termini spiccioli, considerarla come una specie di spia che individua precocemente elementi che possono essere dannosi per il nostro corpo, ma essa viene attivata anche in caso di infiammazioni non direttamente correlate ai microrganismi esterni: è il caso, ad esempio, dei tumori.
Negli anni precedenti, essa veniva utilizzata con tale funzione insieme alla VES (velocità di sedimentazione degli eritrociti), ma oggi questo tipo di esame specifico non viene più utilizzato per individuare eventuali alterazioni del nostro organismo, per il semplice motivo che le variazioni attestabili, in questo caso, avvengono in tempi decisamente più lenti rispetto alla PCR, e per questo motivo non servono per intervenire in maniera tempestiva.
La PCR alta generalmente inizia prima della comparsa dei sintomi, e inizia a diminuire nello stesso tempo in cui il nostro organismo comincia a riprendersi; è questo il motivo principale per cui l’esame della stessa risulta particolarmente utile per tenere sotto controllo le infezioni. Il limite dell’esame, però, è che non è possibile né capire quale sia la causa dell’infiammazione né localizzarla, nemmeno in maniera generica.
HS-PCR: cos’è e quando si utilizza
Esiste una versione più specifica dell’esame (chiamata hs-PCR o hs-CRP, se si utilizza l’acronimo inglese) che viene utilizzata per avere una valutazione del rischio di malattia cardiaca anche in pazienti sani. Per ragioni pratiche, però, questa particolare tipologia di test andrebbe limitata ai soli soggetti a rischio di questo tipo di patologie.
Nei casi in cui viene richiesto il dosaggio della hs-PCR, al fine di verificarla come fattore di rischio cardiaco, si tengono in considerazione i seguenti valori: entro 1mg/l viene considerato un paziente basso rischio; da 1 a 3 mg/l, siamo di fronte ad un paziente dal rischio moderato, da 3 mg/l in su, il paziente ha rischio elevato di patologie cardiache.
Questo tipo di test sta acquisendo sempre maggior importanza per valutare il rischio cardiaco dato che, negli ultimi anni, si è sempre più considerata l’ipotesi che l’attacco cardiaco sia riconducibile anche ad una infiammazione. Vien da sé, quindi, che rilevare uno stato infiammatorio per tempo potrebbe permettere una prevenzione più accurata e ‘mirata’ delle malattie cardiache.
La PCR alta diventa quindi uno strumento importante per questo scopo, ma diviene importante anche utilizzare una strumentazione adatta allo scopo, ovvero dei test che permettano di arrivare a distinguere fino a 1 mg/l o, meglio ancora, anche meno.
PCR alta e valori normali: ecco cosa sapere
Generalmente, nei soggetti sani i livelli di PCR nel sangue devono essere inferiori a 8 mg/l. Tenete però in considerazione che, di solito, nelle donne i valori sono leggermente superiori rispetto a quelli degli uomini; oltre a questo, considerate anche che, anche se in misura leggera, il valore aumenta con il passare degli anni, sia negli uomini che nelle donne.
Le tempistiche del processo
Da un punto di vista patologico, i valori della PCR iniziano a salire all’incirca entro due ore dall’inizio della infiammazione, periodo nel quale possono anche raggiungere quantità 50.000 volte superiori alla norma durante la fase acuta. Picco che, di norma, viene raggiunto a circa 48 h da quando il processo infiammatorio è iniziato.
Quando viene prescritto l’esame?
L’esame può essere prescritto dal medico per diagnosticare oppure per tenere sotto controllo l’andamento di un’infiammazione, sia che sia accompagnata da una infezione sia nel caso contrario.
Molti pensano che essa venga prescritto per monitorare situazioni di una certa gravità, ma in realtà esso viene molto più comunemente utilizzato per diagnosticare condizioni molto più innocue, in particolare quando non si riesce a trarre delle conclusioni inequivocabili analizzando i soli sintomi.
Sia che si tratti di casi gravi, sia che si tratti di casi leggeri, potremmo riassumere in queste tre macroaree i tipi di malattie che la PCR alta può indicare: quelle autoimmuni, quelle infettive e quelle neoplastiche, e ovviamente fare misurazioni ripetute riesce a illustrare in maniera più esaustivo l’andamento delle stesse.
PCR alta: a cosa corrispondono i valori aumentati?
Come già ripetuto a più riprese, la PCR viene utilizzata per valutare la presenza o meno ed eventualmente l’entità di una qualche infiammazione all’interno dell’organismo. Ovviamente, i valori della PCR variano in relazione all’intensità dell’infiammazione: quando esse sono lievi o anche nel caso di infezioni virali i valori aumentano di poco, in una fascia che va dai 10 ai 40 mg/l.
Quando vi sono infezioni batteriche, si raggiungono invece valori compresi tra 40 e 200 mg/l, così come nel caso di infiammazioni attive. Di molto superiori, invece, sono i valori con infezioni batteriche gravi (come ad esempio nel caso di sepsi) o di ustioni particolarmente estese. E’ bene specificare, poi, che i livelli di PCR nel sangue potrebbero non aumentare in soggetti affetti da artrite reumatoide o lupus, per ragioni che tuttora sono sconosciute.
PCR alta: quando non c’è da preoccuparsi
Vi sono casi, però, in cui i valori di PCR alta non sono indicatori di alcun tipo di malattie. Secondo studi ormai consolidati, infatti, si è notato che questi valori tendono a salire nei casi di gravidanza, soprattutto negli ultimi mesi di gestazione, o ancora quando viene utilizzata la pillola anticoncezionale, che sballa la gradazione sanguigna di PCR.
Come già detto prima, poi, un aumento dei valori della PCR è anche fisiologico con l’avanzare dell’età, e questo vale sia per gli uomini che per le donne. Ultimo fattore che vi citiamo è l’obesità, condizione anch’essa che altera i valori della proteina nel sangue. Ovviamente, il rovescio della medaglia di questi casi è che, nel caso in cui la PCR volesse segnalarci qualcosa, il rischio sarebbe quello di non accorgersene!