La chest press è in assoluto una delle macchine isotoniche più famose, utilizzate e per certi versi persino abusate nelle palestre di tutto il mondo, ma negli ultimi anni il suo utilizzo sta venendo sempre più “targettizzato” in relazione alle esigenze specifiche di determinate tipologie di clientela. Ad oggi infatti continua ad essere un esercizio di routine consolidata per neofiti, donne e body builder con necessità specifiche di ipertrofia e definizione, mentre la maggior parte dei frequentatori della sala pesi preferisce sempre più spesso optare per le distensioni con bilanciere su panca piana in virtù dei grandi benefici offerti dall’allenamento a corpo libero.
Quali sono pertanto i vantaggi della chest press, quali muscoli coinvolge, qual è l’esecuzione corretta e quali sono le differenze principali e sostanziali rispetto al più tradizionale allenamento su panca piana? Andiamo a scoprire questa macchina, i suoi pro ed i suoi contro per capire per quale ragione sia tanto utilizzata da chi la ama ed al contempo tanto osteggiata dai suoi detrattori.
Chest press: muscoli coinvolti
La chest press è uno di quei macchinari che chi s’approccia al mondo del fitness e delle palestre per la prima volta spesso finisce col vedere come una sorta di attrezzo miracoloso, in quanto promette il massimo isolamento dei pettorali per poter arrivare a sfoggiare un torace gonfio, voluminoso e virilissimo. Ma tra il dire e il fare, in questo caso, ci sono in mezzo interi oceani.
La prima nozione da apprendere è che il completo isolamento muscolare è un vecchio principio del body building oramai dimostratosi falso, per il semplice fatto che a livello biomeccanico il corpo umano non è fatto per lavorare singolarmente con un muscolo alla volta: ogni movimento è invece una complessa sinergia di diverse catene muscolari le quali, tramite un formidabile sistema di allungamenti e contrazioni, permettono l’esecuzione dei gesti più disparati.
Pertanto questa macchina isotonica, benché sia stata ideata principalmente per lo sviluppo del gran pettorale (fasci clavicolari, sternali e addominali), coinvolge (seppure secondariamente) anche il lavoro dei muscoli deltoidi anteriori e tricipiti brachiali. Tuttavia molti atleti finiscono per snobbare completamente questo macchinario in favore delle care, vecchie spinte del bilanciere su panca piana. Per quale motivo? C’è un solo modo per scoprirlo: mettere a confronto i due esercizi.
Chest press o panca piana?
Si tratta in entrambi i casi di strumenti di lavoro pensati specificamente per lo sviluppo dei muscoli pettorali e, volendola osservare da un approccio più ampio, delle catene superiori coinvolte nel movimento di spinta. In entrambi i casi non si tratta di esercizi propriamente funzionali, in quanto non simulano coerentemente gesti atletici o movimenti naturali che possiamo riscontrare nella quotidianità.
Premesso questo, vediamo subito quali sono le differenze che dividono questi due esercizi, tanto simili all’apparenza quanto differenti sotto il punto di vista delle implicazioni biomeccaniche.
Distensioni su panca piana
Le distensioni su panca piana rappresentano uno degli esercizi fondamentali del body building e sono in assoluto una delle scelte migliori se il vostro obiettivo è quello di aumentare la sezione trasversa (volume) del gran pettorale e la vostra forza nell’esercizio di spinta. Oltre al coinvolgimento del gran pettorale, le spinte su panca piana richiedono l’intervento diretto di muscoli stabilizzatori come il deltoide anteriore, il muscolo coracobrachiale, il gran dentato ed il tricipite (non è raro che chi è alle prime armi senta “lavorare” quest’ultimo muscolo ben più del pettorale stesso).
Rispetto alla chest press, le distensioni su panca piana offrono un migliore allungamento dei muscoli coinvolti nell’esecuzione; in particolare nella fase eccentrica (o negativa, la fase di discesa) i gomiti scendono sotto il livello della panca stessa. Si tratta di uno stimolo anabolico straordinario, che questo attrezzo non è in grado di offrire (per questa ragione il bilanciere deve arrivare a sfiorare il petto, in caso contrario si perderà proprio la fase di distensione più importante per il gran pettorale; si tratta di pochi centimetri, ma fanno tutta la differenza del mondo).
Inoltre le distensioni su panca piana, oltre a fornire un allenamento più completo sotto il profilo dello stimolo dei muscoli stabilizzatori, offrono anche una componente propriocettiva straordinaria che la chest press non è in grado di eguagliare. Lo stress al quale è sottoposto il sistema nervoso (che è poi il principio base del reclutamento neuromuscolare, il quale determina lo sviluppo della forza propriamente detta) è molto più elevato, ciò si traduce in uno sviluppo migliore del controllo del movimento con tutti i benefici fisiologici che ne derivano.
Chest press: una panca piana facilitata
Apparirà chiaro a questo punto che le distensioni su panca piana offrono una tipologia di lavoro molto più completo ed efficace rispetto all’utilizzo della chest press. Per quale ragione allora questa macchina isotonica viene ancora utilizzata? Il motivo principale è la sicurezza del movimento, non certo un fattore trascurabile in palestra, specialmente quando si utilizzano carichi di lavoro submassimali (ovverosia molto vicini al proprio massimale).
Le distensioni su panca piana richiedono una buona tecnica di esecuzione che non è semplice da apprendere, ed anche un piccolo difetto di postura può determinare l’insorgere di infortuni quando si utilizzano carichi elevati. Proprio per questa ragione è necessaria la presenza di uno spotter che possa assicurarci di non soccombere grottescamente con un bilanciere appeso al collo, qualora non fossimo più in grado di completare la distensione.
In questo caso ovviamente il problema non si pone, pertanto si tratta di un macchinario adatto a tutti che può essere adoperato anche senza l’assistenza di un partner. Inoltre, rispetto alle spinte su panca piana, offre un isolamento maggiore del gran pettorale (seppure la qualità del lavoro, come visto, sia peggiore).
In ultima, la chest press può essere propedeutica all’apprendimento dei rudimenti del movimento che si andrà poi a trasferire sulla panca piana, per questa ragione molti preparatori la consigliano a chi è alle prime armi ed è completamente sprovvisto dello schema motorio richiesto per effettuare correttamente il movimento di distensione del bilanciere.