La fosfatasi alcalina è un gruppo di isoenzimi, che vengono originati nel midollo, nel fegato, nell’intestino, nelle ossa e nella placenta. Andando più nello specifico, si tratta di una serie di enzimi che portano alla stessa reazione chimica, pur avendo delle strutture e delle proprietà biochimiche anche molto diverse tra loro. La fosfatasi alcalina alta si misura dopo aver eseguito un test del sangue, ed è indicativa di una serie di patologie anche di diversa entità.
Non è possibile risalire al tipo di patologia e all’origine dell’alterazione dei valori eseguendo soltanto un test di routine, ma bisognerà combinarlo con altri test, come vedremo fra poco. In sostanza, però, nella maggioranza dei casi, lo screening della fosfatasi alcalina (detta anche ALP, acronimo di “alkaline phosphatase level“) si esegue per diagnosticare le malattie del fegato e delle ossa, sia per seguirne la progressione, sia per valutare l’efficacia di un eventuale trattamento terapeutico.
Le cause della fosfatasi alcalina alta
I valori elevati di ALP, come già ripetuto a più riprese, può essere sintomo di diverse condizioni patologiche. Per quel che riguarda i ‘disturbi delle ossa’, essi possono essere sintomo di morbo di Paget, osteomalacia, osteomielite, iperparatiroidismo, metastasi ossee e osteoporosi. Sempre per quanto riguarda le malattie ossee, i livelli possono salire anche durante la fase del processo di guarigione di fratture ossee.
Per quel che riguarda le cause ‘fisiologiche’, ricordiamo che possiamo trovare livelli di fosfatasi alcalina alta nei bambini, soprattutto nelle fasi di sviluppo, e maggiormente quando questo è particolarmente rapido. In generale, quindi, misurare l’ALP può essere utile sia per diagnosticare le patologie sopraelencate che per monitorarle e valutare le risposte ad una eventuale terapia.
Per quel che concerne i disturbi del fegato, la variazione dell’ALP può essere un campanello d’allarme per patologie come i calcoli, la cirrosi epatica, le epatiti acute, le neoplasie secondarie e l’ittero da stasi epato-biliare.
Stasisticamente, spesso alla fosfatasi alcalina alta corrisponde un disturbo osseo o del fegato, ma anche disturbi renali, anche se in misura nettamente minore rispetto agli altri due. A volte, essi possono segnalare dei problemi all’intestino (con malattie quali la retticolite emorragica o la diarrea cronica, ad esempio) o ai leucociti, ma parliamo di casi molto meno frequenti.
Quando fare il test e valori normali
Di solito, il test della fosfatasi alcalina si esegue come parte di esami di routine sulla funzionalità epatica, o comunque quando il paziente presenta i tipici sintomi di un disturbo epatico, come ad esempio perdita di appetito, nausea, vomito, dolore addominale, urine scure e maleodoranti e feci scure o ancora di un disturbo alle ossa, come il dolore alle ossa od alle articolazioni, o una particolare predisposizione alle fratture.
Tramite degli esami specifici, si riescono a differenziare i diversi isoenzimi e tramite questa operazione si riesce a verificare se la fosfatasi alcalina alta deriva da problemi al fegato o alle ossa.
Questo esame si esegue con un semplice prelievo di sangue dalla vena di un braccio. Bisogna osservare un digiuno di 8-10 ore prima del prelievo, mentre è possibile assumere una piccola quantità di acqua. Nei 3 giorni precedenti bisogna interrompere la somministrazione di farmaci che possono interferire nel test, come ad esempio ACE-inibitori, antibiotici, antiepilettici, estrogeni e i FANS, ovvero gli antinfiammatori non steroidei (domandate al vostro medico, in ogni caso, per avere una opinione più autorevole!); prima dell’esame bisogna essere in posizione eretta da almeno 30 minuti.
Fosfatasi alcalina alta ed i valori normali
I valori normali variano in base all’età: per i bambini fino ad un anno, tra 110 e 700 U/l (unità enzimatiche per litro di sangue); per i bambini da 1 a 10 anni, da 110 a 550 U/l; per i ragazzi dai 10 ai 15 anni, da 130 a 700 U/l; per gli adulti, invece, i valori normali sono tra i 50 e i 220 U/l.
Di solito, come detto, questo test viene accompagnato ad altri esami, come bilirubina, transaminasi AST e ALT, specialmente se si desidera valutare la funzionalità del fegato. Sarà il medico che, dopo aver analizzato la storia clinica del paziente e la sintomatologia, valuterà caso per caso.
Ed è proprio la compresenza di valori alti in questo test, unito a quelli sopracitati, che può indicare la presenza di disturbi del fegato. Ad esempio, quando ALP e bilirubina sono più alte della transaminasi, allora potrebbe trattarsi di una ostruzione dei dotti biliari.
Se, invece, oltre alla fosfatasi alcalina alta vi è anche un aumento di calcio e fosfato, probabilmente si tratta di disturbi dell’apparato scheletrico. Tuttavia, in questi casi vi è un numero superiore di test per poter valutare bene la situazione. Se l’innalzamento non raggiunge livelli altissimi, allora la causa possono essere leucemie, linfoma di Hodgkin, colite ulcerosa, o anche alcuni tipi di infezioni, come ad esempio la mononucleosi.
Ricordiamo, inoltre, che anche la dieta alimentare può portare ad un aumento della ALP, in particolare quando essa è ricca di proteine, o comunque un eccessivo apporto di grassi e una carenza di calcio e di vitamina D, questi ultimi due indispensabili per la salute delle nostre ossa; in questi casi, ovviamente, non c’è da preoccuparsi.