L’anoressia maschile è un problema di grande rilevanza sociale, sebbene spesso in molti fatichino a percepirlo come tale. Ciò è dovuto al fatto che solitamente, quando si parla di disturbi alimentari come l’anoressia nervosa, la maggior parte delle persone è abituata ad associare questi disagi all’universo femminile (in special modo alle ragazze in età evolutiva), quasi dimenticandosi del fatto che l’anoressia sia una triste realtà anche per molti ragazzi ed uomini nel mondo, e non sia di fatto meno distruttiva – e potenzialmente letale – della sua controparte femminile, semplicemente nota come anoressia.
Così come molte giovani donne, infatti, anche i ragazzi sono quotidianamente portati a confrontarsi con i canoni di perfezione imposti dalla società moderna, specialmente per quel che concerne l’aspetto fisico. L’ossessionante ricerca della linea perfetta non è sempre sinonimo di anoressia, ma rimane un pericoloso viatico per il disturbo, specialmente se correlata ad altre problematiche che possono creare con essa una fatale sinergia; questi fattori di rischio possono infatti alimentarsi reciprocamente, dando il via ad una spirale autodistruttiva apparentemente senza fine.
L’anoressia maschile (o visnoressia), allo stadio iniziale, presenta comunque dei tratti caratteristici leggermente diversi da quella femminile. Anche questo fattore può contribuire significativamente al ritardo della diagnosi del disturbo alimentare, causando indirettamente un forte peggioramento del quadro clinico. Per questa ragione l’anoressia negli uomini può risultare persino più subdola rispetto a quella che si manifesta nelle donne, ma vista la gravità di questa condizione, non dovrebbe in alcun modo venire sottovalutata.
Anoressia maschile: sintomi principali
I primi sintomi, come detto in precedenza, sono di norma piuttosto dissimili da quelli che caratterizzano l’anoressia femminile. Ad esempio, nelle donne malate di anoressia uno dei segnali più caratteristici per l’identificazione del disturbo è la scomparsa del ciclo mestruale. Ovviamente, questo criterio non può essere adottato per il riconoscimento della visnoressia.
Inoltre nei pazienti maschi la visnoressia tende a presentarsi più tardi (in media tra i 15 ed i 20 anni, ma non sono rari casi di uomini diventati anoressici anche dopo i 30), e raramente un uomo malato di anoressia nervosa esprime in maniera evidente un forte calo dell’autostima (come accade invece per le donne), ma i segnali dell’inizio del problema rientrano in comportamenti considerati molto più “normali”. A tal punto che si potrebbero persino scambiare i primi sintomi dell’anoressia maschile per un qualcosa di positivo.
Se una ragazza anoressica tende infatti a rifiutare il cibo sin da subito infatti, per un uomo anoressico il decorso inizialmente può essere molto meno evidente: un visnoressico non sempre rifiuta il cibo in generale sin dal principio, ma piuttosto può cominciare cambiando la propria dieta in maniera drastica, eliminando qualsiasi alimento creda possa provocargli un aumento della massa grassa, e sottoponendosi ad un rigido regime iperproteico (sovente facendo utilizzo di integratori per l’aumento della massa muscolare). Tutto ciò è comunemente accompagnato da un’improvvisa e maniacale dedizione per l’esercizio fisico.
Come si potrà facilmente intendere quindi, non è così immediato riuscire a riconoscere un uomo anoressico ai primi stadi del disturbo, perché questi potrà semplicemente apparire come una persona che ha semplicemente deciso di “rimettersi in forma“; in maniera piuttosto drastica, certo, ma tutto sommato nient’affatto preoccupante.
Anoressia maschile nervosa e vigoressia: correlazione e differenze
Anche in virtù del fatto che siamo ormai abituati a venire bombardati di “cure miracolose” per il proprio fisico, diete e sessioni di training che promettono di rimetterci in forma e donarci dei fisici statuari in sole poche settimane di allenamento intensivo. Tant’è che l’anoressia nervosa maschile ha una fortissima correlazione con la vigoressia (o anoressia riversa), ovverosia l’eccessiva attenzione per la propria massa muscolare, anche a scapito della salute (basti pensare che diversi studi hanno messo in correlazione molte analogie tra l’anoressia maschile e la condotta di atleti professionisti, in particolare di runners e maratoneti, i quali presentano una percentuale di massa grassa a volte anche inferiore al 5%).
Ad ogni modo, oltre all’eccesso di esercizio fisico, man mano si manifestano i sintomi chiari di questo disturbo alimentare anche negli uomini: l’ansia legata al momento del pasto, percepito in maniera negativa come un’aggressione al proprio corpo, la convinzione di vedersi costantemente sovrappeso sebbene si sia visibilmente sottopeso, il terrore di ingrassare, ed infine il ricorso a farmaci specifici per il dimagrimento-anche in gravi condizioni di malnutrizione (contrariamente a quanto accade nei disturbi legati all’obesità, patologia alimentare antitetica all’anoressia, riconosciuta globalmente epidemica dall’OMS nel 1997).
In aggiunta a ciò, la visnoressia può accompagnarsi ad altre patologie mentali come disturbi d’ansia non direttamente correlati al cibo, depressione, iperattività e dipendenza da sostanze psicotrope. In ultima, negli uomini affetti da visnoressia si tende a registrare un forte calo del desiderio sessuale.
Visnoressia: le principali cause
Trattandosi di un disturbo di origine mentale, l’anoressia nervosa affonda le sue radici in una situazione di forte disagio (specie di carattere sociale), che si traduce poi in un’insoddisfazione cronica-talvolta ingiustificata-nei confronti del proprio aspetto fisico. E’ stato inoltre evidenziato che uomini che in passato sono stati in sovrappeso, hanno una maggiore tendenza a sviluppare questo disturbo, poiché anche qualche “chilo di troppo” potrebbe scatenare la paura di tornare in quelle condizioni.
Fattori tipicamente determinanti sono anche le situazioni familiari difficili, di abusi e vessazioni (ma anche un’eccessiva pressione per il conseguimento di canoni d’eccellenza può essere determinante per lo sviluppo della malattia), e contesti di conflitto eccessivo con il gruppo dei pari (ovverosia con altri ragazzi della stessa età, appartenenti solitamente alle categorie degli amici o dei compagni di scuola), come ad esempio situazioni di bullismo.
Purtroppo la documentazione riguardante l’anoressia maschile è ancora scarsa, per via del fatto che questa condizione negli uomini tende ad essere sottovalutata (o del tutto ignorata, tant’è che possono passare anche diversi anni prima di riuscire ad effettuare una diagnosi), e che gli stessi uomini tendono a vergognarsi di ammettere di essere affetti da un disturbo tipicamente inteso come “femminile” (l’Aba, l’Associazione per la ricerca sull’anoressia, stima infatti che tra le persone malate di anoressia nel mondo, solo il 10-20% siano uomini, sebbene il loro numero sia in forte e costante aumento).
Anoressia maschile e omosessualità
Altro fattore che marca a fondo le differenze tra l’anoressia maschile e quella femminile è la questione relativa all’omosessualità. Circa la metà degli uomini anoressici ha infatti dichiarato di essere “incerto” riguardo alla propria identità sessuale, e circa 4 visnoressici su 5 affermano di essere cresciuti in contesti familiari in cui il sesso era considerato come un argomento “tabù”. La lettura di questi dati è tuttavia complicata, e potrebbe dare adito a conclusioni semplicistiche ed parziali. Non bisogna infatti incorrere nell’errore di valutare l’omosessualità come un fattore capace di causare aprioristicamente l’anoressia negli uomini: spesso l’anoressia può provocare confusione sessuale anche negli uomini eterosessuali (a causa dell’annullamento dell’interesse nei confronti del sesso, che può portare ad una confusione dettata più dall’asessualità che dall’omosessualità).
Inoltre, l’essere gay di per sé non è una discriminante capace di determinare da sola un incremento delle possibilità di sviluppo della visnoressia (come documentato da uno studio sulle comunità omosessuali condotto dalla Columbia University di New York nel 2008), bensì alla base di una presenza così marcata di omosessuali tra gli anoressici sembrerebbero esserci invece i contrasti sociali.
Abbiamo già visto come condizioni di disagio familiare e scolastico siano forti fattori di rischio, e per capire perché tra gli omosessuali l’anoressia sia preminente, è necessario valutare le conseguenze negative della loro condizione a livello sociale come: mancata accettazione, bullismo, ansia generata dalla propria “diversità”, stigmatizzazione. Il tutto inserito in un contesto altamente conflittuale come quello adolescenziale. L’essere gay è infatti spesso ancora visto da molti come motivo di derisione o vessazione, specialmente tra i più giovani; pertanto, per comprendere la maggiore incidenza di questo disturbo nella comunità omosessuale, è opportuno focalizzarsi sul rapporto tra il paziente ed il contesto sociale di riferimento.
In sintesi, gli studi hanno finora smentito che l’omosessualità da sola possa provocare un aumento del rischio di diventare anoressici, ma è opinione dei ricercatori (sebbene come già detto, il materiale a disposizione sia ancora esiguo e frammentario) che l’essere gay funzioni come una “cassa di risonanza” capace di amplificare il disagio sociale, mettendo di fatto più a rischio un omosessuale di diventare anoressico rispetto ad un eterosessuale; poiché le probabilità che non venga accettato e che sia vittima di abusi psicologici è di fatto maggiore.
Come curare l’anoressia maschile
L’anoressia nervosa maschile, come la sua controparte femminile, è un disturbo incredibilmente difficile da eradicare, proprio perché chi ne è affetto ha una percezione del proprio corpo completamente distorta. Sarà inutile-se non addirittura controproducente-tentare quindi di risolvere il problema in maniera coatta, mediante l’imposizione di regole ferree per quel che concerne l’assunzione del cibo, o addirittura l’alimentazione forzata: non bisogna infatti dimenticare che l’anoressia maschile è una patologia di origine mentale che si ripercuote sul fisico, ed è pertanto necessario intervenire anche sotto l’aspetto psicologico per poter conseguire dei risultati efficaci.
Per questa ragione l’approccio più quotato è senz’altro quello multidisciplinare, ovverosia fare sì che il paziente sia seguito sia da personale medico (deputato al controllo della sua condizione fisica nel corso della terapia) sia da un dietologo, uno psicologo ed uno psichiatra. Ed il solo constatare quante figure professionali siano consigliate per il trattamento di questo disturbo dell’alimentazione, può dare un’idea di quanto possa rivelarsi distruttivo e difficile da curare.
Per questa ragione, qualora si riconoscessero i primi sintomi, è opportuno prendere sin dall’inizio le giuste contromisure e cominciare a parlarne con uno psicologo. Nei casi più gravi non è raro che la prognosi sia negativa (specialmente nel caso di forti abusi pregressi, in presenza dei quali è più facile che il disturbo divenga cronico), e proprio per questa ragione la tempestività è fondamentale nel trattamento di questa patologia.